La gravidanza è uno stato che, purtroppo, può subire interruzioni spontanee, senza che intervenga alcun fattore esterno. Se la gestazione ha termine prima della ventiquattresima settimana generalmente si parla di aborto spontaneo. Qualora questo episodio si verifichi prima del quarto mese si definisce aborto spontaneo “precoce”. Secondo statistiche molto recenti una percentuale variabile fra il 15% e il 30% delle gravidanze si interrompe per effetto di un aborto clinicamente evidente ed in 8 casi su 10 questo evento si produce nei primi tre mesi della gestazione. Nella maggior parte delle ipotesi le cause sono da riferire a problematiche nelle fasi dello sviluppo come ad esempio la presenza di anomalie cromosomiche nel DNA dell’embrione. In questo contesto, una particolare tipologia di aborto precoce è rappresentata dalla gravidanza anembrionica, che si verifica qualora il sacco gestazionale sia di dimensioni normali rispetto al periodo della gravidanza, ma al suo interno non sia presente – come avviene di norma – un embrione. Questa anomalia dello sviluppo, per la sua stessa natura, non è diagnosticatile prima della settima settimana.
La gravidanza anembrionica o l’uovo bianco
La gravidanza anembrionica è anche definita come uovo bianco o ovulo cieco. In particolare si parla di uovo bianco traslando un termine inglese ossia “blighted ovum”, perché in una fase in cui dovrebbe evidenziarsi l’embrione con tutte le sue peculiarità e con il relativo battito cardiaco, in realtà è possibile osservare esclusivamente la camera gestazionale. In questa ipotesi, da un punto di vista generale, o l’embrione si è formato per un breve lasso di tempo e ha cessato immediatamente l’attività cardiaca consentendo agli enzimi presenti nel liquido amniotico di “digerire” i suoi tessuti, o lo stesso ha subito un processo di arrestamento per effetto di anomalie congenite gravi ed incompatibili con il prosieguo del processo di sviluppo. Spesso l’embrione, nell’ipotesi di gravidanza anembrionica, non raggiunge neanche la dimensione di un millimetro, tanto che non è possibile procedere ad identificarlo neanche attraverso l’ecografia transvaginale.
Le cause della gravidanza anembrionica
Dopo che si verifica la fecondazione, ossia l’unione fra l’ovulo e lo spermatozoo, iniziano a prodursi una serie di divisioni cellulari che consentono la formazione del cosiddetto sacco gestazionale all’interno del quale si svilupperà l’embrione. Nel caso di gravidanza anembrionica mentre il sacco gestazionale comincia a svilupparsi lo stesso non accade per l’embrione, che ha interrotto il suo processo di sviluppo in una fase iniziale, mentre a svilupparsi sono soltanto gli “involucri esterni” che dovrebbero costituire la futura placenta. Le cause di questa mancata crescita, nella maggior parte dei casi, sono correlate alla presenza di anomalie di carattere genetico o cromosomico. Questa forma di aborto può anche essere causata da anomalie nel processo di divisione cellulare. Secondo una ricerca condotta dall’associazione dei ginecologi statunitensi, questo tipo di eventi è più frequenti nei casi in cui l’età della donna sia avanzata ed in particolare dopo i 40 anni.
I sintomi della gravidanza anembrionica
Nella fase iniziale di una gravidanza anembrionica possono verificarsi tutti i sintomi normalmente riconducibili ad un’ordinaria gestazione come l’interruzione delle mestruazioni, la presenza di un test di gravidanza positivo, eventuali episodi di nausea. In particolare i valori della beta-HCG possono essere fuorvianti: in alcuni casi, infatti, è possibile assistere ad un normale incremento di questi valori. Un aumento coincidente, per un certo lasso di tempo, con quello di un normale decorso nella gestazione. In generale essendo questa forma di aborto particolarmente precoce, può presentarsi in maniera del tutto asintomatica. In alcuni casi, invece, è possibile che si verifichino episodi di spotting, fitte e crampi o dolori a livello pelvico.
Come è possibile rilevare una gravidanza anembrionica
La diagnosi di una gravidanza anembrionica viene effettuata mediante un’ecografia. Generalmente questo esame diagnostico viene ripetuto a distanza di una settimana per avere un riscontro ulteriore. L’ecografia, sostanzialmente, metterà in rilievo la presenza di un sacco gestazionale vuoto. Dopo questa diagnosi è necessario concordare con il proprio ginecologo se utilizzare un approccio chirurgico o farmacologico. Nel primo caso, soprattutto quando il sacco gestazionale abbia dimensioni non ridotte, si procede ad un raschiamento che consiste in un intervento di rimozione dei tessuti residui. Qualora il medico ritenga più opportuno un approccio farmacologico si procede normalmente alla somministrazione di un farmaco, il misoprostol, che agevola l’organismo nell’espulsione dei tessuti. In entrambi i casi, la paziente potrebbe avvertire dolori addominali o crampi di breve durata e destinati a cessare nell’arco di pochi giorni.
La gravidanza dopo l’uovo bianco
La gravidanza anembrionica, generalmente, ha un carattere episodico e non è destinata a verificarsi ulteriormente nella stessa donna. Da un punto di vista medico è consigliato attendere 1-2 cicli mestruali prima di effettuare un nuovo tentativo di gravidanza. Qualora, in maniera eccezionale, dovessero verificarsi più gravidanze anembrioniche consecutive è necessario sottoporsi ad un iter diagnostico approfondito per verificare la problematica alla base di questi eventi.
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