Secondo una recente definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità l’infertilità può essere qualificata alla stregua di una patologia che emerge qualora non si verifichi un concepimento dopo 12/24 mesi di rapporti mirati non protetti. Recenti stime hanno messo in evidenza come l’infertilità colpisca circa il 15% delle coppie, con una ripartizione quasi uguale fra cause relative al partner maschile e cause, invece, riconducibili al partner femminile della coppia. In questo contesto, è necessario effettuare una differenza fra infertilità primaria e infertilità secondaria. La prima ipotesi si verifica quando si producono difficoltà di concepimento per una coppia che non abbia mai avuto figli, mentre nel secondo caso le problematiche di fertilità riguardano coppie che hanno già vissuto una gravidanza.
L’infertilità secondaria
L’infertilità secondaria, quindi, si verifica quando una coppia che ha concepito uno o più figli in mondo naturale ha difficoltà ad ottenere ulteriori gravidanze. Secondo stime recenti questa forma di infertilità colpisce circa il 10% delle persone. Uno studio condotto da ricercatori statunitensi ha messo in evidenza come questa patologia colpisca circa 3 milioni e mezzo di persone e in circa un terzo dei casi sia riconducibile ad una disfunzione ovarica, nel 40% delle ipotesi sia correlata a problematiche del liquido seminale, mentre per un restante 20% delle manifestazioni si da riferire ad altre patologie come l’endometriosi o disfunzioni tubariche.
Le cause dell’infertilità secondaria
Le difficoltà ad ottenere un secondo concepimento, come abbiamo precedentemente accennato, possono essere correlate ad una pluralità di cause e fattori. Innanzitutto, un elemento determinante può essere rappresentato dall’età della donna. L’apice della fertilità femminile, infatti, si situa fra i 20 e i 35 anni per poi decrescere in maniera costante. Questo tipo di infertilità, inoltre, può essere correlate a cause post-partum, a patologie secondarie insorte dopo la precedente gravidanza o a un fattore infettivo. Secondo le statistiche che abbiamo presentato nel paragrafo precedente, la principale causa di infertilità secondaria è correlata a problematiche relative al liquido seminale. Un errato stile di vita, lo stress, il tabagismo e l’avanzamento dell’età, infatti, possono incidere in maniera rilevante sulla qualità e sulla quantità degli spermatozoi.
La fecondazione in vitro nelle ipotesi di infertilità secondaria
Qualora sia constata un’infertilità secondaria e la coppia decida di avere un altro bambino, la soluzione più efficace può essere la fecondazione in vitro (FIV). Questa tecnica consiste nell’unione, realizzata in laboratorio, dell’ovulo con lo spermatozoo al fine di ottenere embrioni da trasferire nell’utero. Si tratta di una procedura particolarmente indicata in molte ipotesi che rientrano nell’ambito dell’infertilità secondaria: endometriosi severa, donne in età avanzata o con patologie di carattere tubarico, uomini che presentano una bassa qualità spermatica o un ridotto numero di spermatozoi.
Fecondazione in vitro: probabilità di successo
Secondo recenti ricerche, non esiste una differenza rilevante fra le probabilità di successo della fecondazione in vitro nelle ipotesi di infertilità primaria rispetto a quelle rilevate nei casi di infertilità secondaria. In particolare, un precedente concepimento non sembra influenzare la percentuale di successo di una futura fecondazione in vitro nel caso di infertilità secondaria.
Le differenze nelle percentuali di successo fra infertilità primaria e secondaria
Sulla base delle considerazioni affermate nello studio citato in precedenza, è possibile valutare come non esista una netta differenza fra le probabilità di successo della fecondazione in vitro nel caso di infertilità primaria rispetto all’infertilità secondaria. L’unico elemento di rilievo che consenta di fare una distinzione è rappresentato dall’età della donna che, nelle ipotesi di infertilità sopraggiunta dopo un precedente concepimento, nella maggior parte dei casi è più elevata rispetto a quella di donne che si sottopongono a un trattamento di medicina riproduttiva senza aver avuto in passato una gravidanza. In particolare, secondo una ricerca comparata, in Italia nell’arco di 10 anni (dal 2005 al 2015) le probabilità di successo della fecondazione in vitro, a prescindere dal tipo di infertilità, sono state in continuo e costante aumento. Un dato molto confortante nonostante il nostro paese abbia un record per l’età delle donne che si sottopongono per la prima volta ad una tecnica di fecondazione assistita: 36,7 anni per le tecniche omologhe a fresco rispetto ad una media europea di 34,7 anni.
Le opzioni per l’infertilità secondaria
Qualora la coppia abbia intenzione di portare avanti una nuova gravidanza, ma sussista un problema di fertilità, occorre innanzitutto valutare quale sia la causa che ne ha determinato l’origine. Se questa è individuabile in uno stile di vita non corretto, una modifica delle abitudini potrebbe contribuire ad una sopraggiunta fertilità. Se, invece, l’infertilità secondaria è determinata da altre cause la soluzione più adeguata resta la fecondazione in vitro.
IVI: l’opzione migliore per la fecondazione in vivo nell’infertilità secondaria
IVI è la realtà leader a livello mondiale nella medicina riproduttiva e garantisce ai propri pazienti le migliori percentuali di successo rispetto a trattamenti di Pma. In particolare, per quanto concerne la FIV-ICSI soltanto nel 2017 i nostri centri hanno realizzato complessivamente 14.648 cicli con ovuli propri e 7.561 con donazione di gameti. In particolare, nella fascia di età che varia dai 40 ai 44 anni e che è quella maggiormente coinvolta da problematiche di infertilità secondaria, nel 2017 sono stati effettuati complessivamente 4.578 cicli con una percentuale di gravidanza del 53,1%. I nostri centri sono riusciti, inoltre, a raggiungere importantissimi risultati anche nel caso di donne con un’età superiore a 45 anni, effettuando 362 trattamenti con un percentuale di gravidanza del 38,2%.
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