L’infertilità è un problema che, secondo i recenti dati del Registro Nazionale sulla Procreazione Medicalmente Assistita curato dall’Istituto Superiore della Sanità, riguarderebbe circa il 15% delle coppie. Nelle nostre cliniche IVI, grazie alle tecniche di fecondazione assistita all’avanguardia quali ovodonazione, fecondazione eterologa e altre, riusciamo a garantire un elevato indice di successo consentendo a 9 pazienti su 10 di coronare il sogno di avere un figlio.
Secondo le statistiche più recenti, i problemi legati all’infertilità sono equamente distribuiti nell’uomo (30%) e nella donna (30%), mentre nel 20% questi sono condivisi da entrambi i membri della coppia. In molti casi (circa il 20%) non è possibile risalire ad una causa inequivoca, in quanto dalle analisi e screening medici non risultano anomalie evidenti, tracciando così un profilo patologico denominato infertilità idiopatica.
In Italia sono sempre più numerose le richieste di pma: secondo i dati dell’ISS, negli ultimi sei anni, le coppie che hanno avviato questo percorso sono aumentate del 19,29%. Prima di analizzare, nello specifico, le principali cause di infertilità, occorre precisare come esistano dei fattori, quali uno stile di vita ed alimentare scorretto e la costante esposizione a fattori stressogeni, che possono incidere negativamente sia sulla fertilità femminile, sia su quella maschile.
Le principali cause dell’infertilità femminile
Da un punto di vista medico, si parla di infertilità femminile nei casi in cui non venga raggiunta la gravidanza dopo 12 mesi di rapporti non protetti. Qualora la donna abbia compiuto i 35 anni, o intervengano altri fattori di rischio, il termine si abbrevia a 6 mesi. Una delle principali cause che incidono negativamente sul concepimento è da individuare nel fattore tubo-peritoneale, che è responsabile di circa il 25% dei casi di infertilità femminile. Nella maggior parte dei casi, l’ostruzione o una lesione alle tube di Falloppio è collegata a una precedente infezione, come ad esempio la clamidia. Una fra le cause più diffuse di infertilità femminile resta l’endometriosi, una patologia caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale all’esterno della cavità uterina che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità colpisce più di 150 milioni di donne in tutto il mondo. Nei casi più gravi, questa incide negativamente sulla fertilità femminile. Le donne affette da questa malattia, però, possono essere confortate dai nostri dati: negli ultimi dieci anni, le tecniche di procreazione assistita di IVI hanno aiutato più di 8.500 pazienti affette da endometriosi a diventare madri. Un’altra causa che incide in maniera rilevante sulla fertilità è rappresentata dalle ovaie policistiche: l’aumento di volume delle ovaie e la formazione di molte piccole cisti soprattutto sulla loro superfice esterna impatta drasticamente sulla possibilità di rimanere incinta. La sindrome dell’ovaio policistico (Pcos) ha come macro caratteristica quella che i follicoli, che contengono gli ovociti, raggiungono molto difficilmente un’adeguata maturazione e, di conseguenza, non si verifica l’ovulazione. Le prime avvisaglie legate all’insorgere di questa patologia potrebbero essere l’irregolarità del ciclo mestruale o flussi abbondanti e ripetuti.
Diverse possono essere le cause a cui ricondurre le patologie legate alla fertilità e il focus della malattia può riguardare qualsiasi sezione dell’apparato riproduttore femminile. L’utero, e in particolare la cervice uterina, gioca un ruolo fondamentale nell’abilità riproduttiva di una donna e, di conseguenza, in casi di ripetuti test di gravidanza negativi, devono essere esaminati anche indici infettivi o interventi chirurgici pregressi che potrebbero aver danneggiato le ghiandole cervicali determinando un deficit nella produzione ormonale.
Le principali cause dell’infertilità maschile
L’infertilità, o il sospetto di essere colpiti da questo fenomeno obbliga entrambi i partner a sottoporsi a screening che possano evidenziarne la causa. Una recente indagine statistica del Laboratorio di Semiologia e Immunologia della Riproduzione dell’Università La Sapienza di Roma ha evidenziato come ogni anno siano circa 5.000 le richieste all’anno di analisi seminali. Occorre, innanzitutto, distinguere fra infertilità maschile primaria e secondaria: la prima ipotesi si verifica quando l’uomo non ha mai indotto una gravidanza, mentre la seconda si ha quando l’uomo ha avuto in precedenza esperienza di fecondazione avvenuta. L’infertilità maschile, spesso, è correlata a problemi relativi al liquido seminale. Si possono evidenziare diversi deficit relati a questo problema: casi in cui non si verifica la produzione di liquido seminale (aspermia), casi in cui quest’ultimo non contenga spermatozoi (azoospermia), oppure questi siano in numero ridotto (oligospermia) o abbiano una ridotta motilità (astenospermia) o difetti nella forma (teratozoospermia). Per valutare la sussistenza di una di queste problematiche è possibile procedere a un esame del liquido seminale chiamato spermiogramma. Fra le anomalie strutturali, invece, la più diffusa è il varicocele, che colpisce circa il 10% di uomini e che spesso rimane asintomatico. Si tratta di una dilatazione delle vene presenti nei testicoli che può ridurre la fertilità danneggiando il Dna degli spermatozoi. L’infertilità maschile può essere anche collegata a episodi di infezioni, che possono determinare la presenza nel liquido seminale di una quantità globuli bianchi superiori alla media. Questo incremento può danneggiare gli spermatozoi in via di sviluppo.
L’infertilità idiopatica
Un’elevata percentuale di casi di infertilità di coppia (approssimativamente il 20%) non è attribuibile ad alcuna causa nota ed evidente. Si parla, in questi casi, di infertilità idiopatica, una condizione che secondo l’Istituto Superiore di Sanità ricorre quando non sussiste un fattore accertato che determini il mancato concepimento. Dal punto di vista medico, viene formulata questa diagnosi in seguito a due anni di rapporti non protetti e quando, dopo un’accurata anamnesi della coppia, non sono state evidenziate alterazioni di rilievo. In questi casi è consigliabile aspettare un ulteriore periodo per valutare se il problema possa essere collegato ad elementi esterni quali lo stress o la cattiva alimentazione. Qualora, nonostante l’attesa, non si producano risultati importanti, si può ricorrere alla procreazione assistita. La nostra realtà è un punto di riferimento internazionale in questo settore con più di 36.000 trattamenti di PMA nel 2015 e 167.000 negli ultimi cinque anni. In Italia, nelle nostre cliniche, sono stati eseguiti in quattro anni 6.567 trattamenti. Dati in costante crescita: il numero delle visite nei primi nove mesi del 2016, infatti, è aumentato di quasi il 123%.
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