L’interruzione spontanea di una gravidanza è una delle conseguenze più comuni e più drammatiche di una gestazione e riguarda una percentuale di casi sempre più in aumento Nella maggior parte dei casi, l’aborto spontaneo si verifica nei primi due mesi della gestazione. In queste ipotesi, spesso, tale evento interviene quando non c’è ancora la consapevolezza dell’avvenuto concepimento. La fecondazione assistita, in questi casi può rappresentare un’alternativa adeguata per portare avanti una gravidanza dopo un aborto spontaneo. In particolare, tecniche come l’ovodonazione, grazie a recentissime ricerche dei nostri esperti, possono consentire di ridurre il tasso di abortività nell’85% dei cicli. Ovviamente, ogni caso presenta le proprie caratteristiche peculiari e, di conseguenza, per accertare l’opportunità di intraprendere un percorso che porti ad una nuova gestazione, dopo un’interruzione di gravidanza, è sempre adeguato rivolgersi a uno specialista. Il medico, infatti, potrà valutare ed accertare i fattori che hanno portato all’aborto e fornire indicazioni utili per valutare la possibilità e le tempistiche di una nuova gravidanza dopo un aborto spontaneo.
Cosa si intende per aborto spontaneo e i fattori che possono determinarlo
Dal punto di vista medico per aborto spontaneo si intende l’interruzione spontanea della gravidanza prima che il feto possa vivere fuori dall’utero. Un simile evento può essere determinato da una pluralità di fattori e, in moltissimi casi, è difficile accertare quale possa essere stata la causa – o il complesso di cause – scatenante. Sotto un profilo, quindi, puramente statistico fra i fattori che possono aumentare il rischio di aborto spontaneo è possibile annoverare l’insufficienza ormonale, la presenza di infezioni batteriche, l’incidenza di disturbi cardiaci congeniti, eventuali insufficienze renali e le infezioni della tiroide. Più nel dettaglio, secondo molti studi, i difetti genetici sono responsabili di circa il 50%-60% delle interruzioni di gravidanza nei primi tre mesi. Fra le alterazioni più frequenti, che si verificano nell’86% dei casi, è possibile annoverare le anomalie del numero dei cromosomi. Inoltre, fra le altre cause più rilevanti di aborto spontaneo possono essere anche annoverate patologie come la Sindrome dell’Ovaio Policistico o anomalie di sviluppo, posizione e formazione dell’utero. Secondo recenti ricerche, in particolare, le anomalie uterine possono avere un’incidenza che varia dal 12% al 14% sulle ipotesi di aborto spontaneo. Anche patologie come l’ipertensione arteriosa ed il diabete possono essere correlate al verificarsi di un tale evento.
L’incidenza statistica delle ipotesi di aborto spontaneo
Come abbiamo già avuto modo di accennare, i casi di aborto spontaneo sono molto più frequenti rispetto a quanto sia possibile immaginare. Secondo una recente ricerca condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica e riferita al 2015, in Italia si sono verificate 66.127 interruzioni spontanee di gravidanza. Una percentuale che corrisponde a circa il 14% del totale di gravidanze registrate in quello stesso anno. Non sono rari, inoltre, i casi di secondi aborti spontanei, ossia le ipotesi nelle quali questo evento si verifichi ripetutamente in riferimento ad una stessa coppia: secondo l’Istat, infatti, quest’ipotesi rappresenta il 18,2% di tutti i casi di interruzione volontaria di gravidanza.
Le percentuali a livello mondiale: un recente studio dell’Università della California
Le statistiche a livello mondiale confermano i dati forniti a livello nazionale dall’Istat. Secondo un recente studio condotto dall’Università della California nel corso della vita una donna fertile avrà più aborti spontanei che gravidanze a termine. Secondo i ricercatori statunitensi, infatti, la maggior parte di questi eventi si verifica nelle primissime settimane di gestazione. In moltissime ipotesi dunque, l’aborto si verifica senza che le donne ne vengano a conoscenza Gli studiosi citano come esempio il caso della Danimarca, paese nel quale il tasso di natalità è di 1,7 bambini per donna e la percentuale di interruzioni di gravidanza nell’arco della vita è pari a 2,1.
La definizione di aborto spontaneo secondo gli standard dell’OMS
L’Organizzazione Mondiale della Sanità è intervenuta effettuando una distinzione fra due differenti ipotesi di aborto spontaneo. Qualora l’evento si verifichi prima della ventesima settimana di gravidanza è corretto parlare di “aborto precoce”, mentre se tale ipotesi ricorre dopo questo termine è definita “aborto tardivo” o morte intrauterina.
La gravidanza dopo l’aborto spontaneo: le linee guida dell’OMS
Sempre l’OMS nel documento “Clinical practice handbook for safe abortion” ha fornito le linee guida generali per gli operatori sanitari e i pazienti nelle ipotesi di interruzione della gestazione. In particolare, l’Organizzazione ha rilevato come per una nuova gravidanza dopo un aborto spontaneo sia opportuno per la coppia far trascorrere un periodo di almeno sei mesi. Il decorso di questo tempo è necessario per consentire il pieno ripristino delle funzionalità ovariche e massimizzare le possibilità di portare avanti una nuova gravidanza senza ulteriori complicanze.
Lo studio che contraddice le linee guida OMS
La posizione esternata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nelle linee guida sopra citate, però, è stata contraddetta da un recentissimo studio realizzato dagli Istituti Nazionali di Salute americani pubblicato sulla rivista “Obstetrics and Gynecology”. La ricerca è stata condotta su un campione di 1.083 donne di età compresa fra i 18 e i 40 anni con almeno un episodio pregresso di interruzione di gravidanza. Lo studio ha evidenziato come le “nuove gravidanze”, intervenute entro tre mesi dal precedente aborto spontaneo, avevano più probabilità di concludersi positivamente rispetto a quelle che si verificavano dopo il decorso di 90 giorni. Ovviamente si tratta di uno studio puramente statistico che, secondo una delle autrici della ricerca, non tiene conto di un elemento essenziale: la necessità emotiva di attendere un tempo opportuno per metabolizzare psicologicamente questo evento. Una precisazione confermata anche dai ricercatori della School of Medicine della Duke University che sottolineano l’importanza essenziale del benessere psicologico della coppia per affrontare un nuovo tentativo di concepimento.
Gli esami da fare prima di tentare una nuova gravidanza
Come abbiamo sottolineato in precedenza, l’aborto è un evento che può verificarsi per una pluralità di cause e può essere influenzato da molteplici fattori. Per queste ragioni, prima di intraprendere una nuova gravidanza, soprattutto nel caso di aborti ricorrenti, è opportuno effettuare degli esami che consentano di accertare la presenza di eventuali cause o fattori che hanno influito sulla precedente interruzione della gestazione. Fra i test consigliati, innanzitutto, è opportuno eseguire un’analisi del sangue che possa permettere di valutare la presenza di eventuali disturbi ormonali o di deficit del sistema immunitario. Inoltre, può anche essere indicato un test cromosomico di coppia per valutare se esistano incompatibilità o problemi cromosomici. Dal punto di vista prettamente ginecologico, un esame come l’ecografia addominale o transvaginale può consentire di scoprire od escludere eventuali problemi all’utero. Qualora il ginecologo sospetti la presenza di anomalie alla cavità uterina può indicare anche la necessità di eseguire un’isteroscopia o un’isterosalpingografia.
La fecondazione assistita nei casi di aborto spontaneo
Nelle ipotesi di aborto spontaneo, soprattutto qualora i casi siano ripetuti e si riveli un’incompatibilità cromosomica fra i partner, la soluzione più adeguata è rappresentata dalla fecondazione assistita ed in particolare da una tecnica come l’ovodonazione. Un recentissimo studio all’avanguardia condotto dai nostri ricercatori e intitolato “Maternal Killer-cell Immunoglobulin-like Receptor (KIR) and fetal HLA-C compatibility in ART- oocyte donor influences live birth rate” ha dimostrato come una scelta selettiva della donatrice di ovociti in base alla compatibilità genetica con la ricevente può ridurre il tasso di aborto spontaneo dell’85%. In particolare, la selezione di una donatrice compatibile per l’ovodonazione permette di passare da un tasso di aborto spontaneo del 94% (con donatori sconosciuti) all’8% nei casi di individuazione preventiva secondo criteri di compatibilità genetica con l’utero ricevente.
IVI: la garanzia del leader mondiale nella medicina riproduttiva
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