Durante la gravidanza, per monitorare le condizioni di salute del feto, soprattutto qualora si sospetti l’insorgenza di problematiche, è possibile fare ricorso a una serie di indagini di carattere strumentale che consentano una diagnosi prenatale. Secondo una recente statistica dell’Istituto Superiore della Sanità, le probabilità che il nascituro abbia problemi alla nascita sono pari al 3%, mentre nell’1% dei casi queste anomalie possono riguardare i cromosomi o il DNA. Le indagini prenatali consentono, in queste ipotesi, di accertare tempestivamente patologie che possono derivare da anomalie del DNA e da alterazioni cromosomiche e consentono, qualora sia possibile, di instaurare un percorso di cura prima della nascita. Le tecniche di diagnosi prenatale, da questo punto di vista, si distinguono in invasive e non invasive in base alle modalità del loro svolgimento. Fra le prime la più nota e utilizzata è l’amniocentesi.
L’amniocentesi, una panoramica generale
Ancora oggi l’amniocentesi rappresenta la tecnica di diagnosi prenatale più diffusa. Questa procedura consente di diagnosticare in maniera precoce eventuali anomalie che possono colpire i cromosomi XY (per i maschi) e quelli XX (per le femmine). Questa procedura, nel caso in cui vi siano sospetti in merito a tali problematiche, può essere eseguita in maniera precoce, cioè fra la sedicesima e la diciottesima settimana o più tardivamente, ossia dopo la venticinquesima settimana. L’esame è normalmente preceduto da un’ecografia diretta ad accertare la vitalità del feto e la presenza eventuale di gravidanze plurime.
In cosa consiste l’amniocentesi
Il liquido amniotico è quel liquido che circonda il feto all’interno della cavità uterina ed è contenuto nella membrana chiamata sacco amniotico. Quest’ultimo ha la funzione di proteggere e consentire la crescita del feto. Il sacco amniotico, da questo punto di vista, contiene informazioni utilissime in riferimento alle condizioni di salute del feto e in merito a eventuali problematiche di carattere genetico. Qualora sussistano sospetti a questo riguardo, la tecnica di accertamento più diffusa è rappresentata dall’amniocentesi, che consiste in una puntura trans-addominale che consente di trapassare la parete dell’addome e quella dell’utero al fine di aspirare una piccola quantità del liquido nel quale è immerso il feto. Ai fini del prelievo viene utilizzato un ago con una lunghezza di 10-20 cm che può essere inserito a mano libera o dietro controllo ecografico (amniocentesi ecoassistita) o mediante l’utilizzo di sonde da biopsia (amniocentesi ecoguidata). Il prelievo normalmente viene effettuato a livello ambulatoriale e senza anestesia. Generalmente il tempo medio per la diagnosi è di 5-7 giorni, anche se nel caso di procedura d’urgenza può essere notevolmente ridotto ed arrivare a 48 ore.
Cosa consente di accertare l’amniocentesi
Questa tecnica diagnostica prenatale consente di prelevare materiale fetale in grado di essere valutato ai fini di un’analisi citogenetica e biochimica. In questo modo è possibile giungere a una diagnosi dell’eventuale presenza di una patologia cromosomica, delle patologie recessive legate al sesso, di errori congeniti riferiti al metabolismo e di alterazioni del tubo neurale. Inoltre, l’amniocentesi può consentire anche uno screening genetico multiplo diretto ad accertare malattie come la fibrosi cistica, la sindrome del cromosoma X fragile, la distrofia muscolare di Duchenne-Becker. Queste patologie possono essere trasmesse al feto da genitori che risultano portatori sani e che, di conseguenza, molto spesso sono inconsapevoli di tale condizione.
Quando è consigliata l’amniocentesi
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, l’amniocentesi è consigliata nelle ipotesi in cui vi sia già un risultato positivo in seguito a uno screening prenatale come il bi test o il tri test. Questa tecnica, inoltre, è fortemente indicata qualora la coppia abbia già avuto un figlio affetto da malattie cromosomiche o difetti del tubo neurale o nelle ipotesi di una storia familiare contraddistinta dalla presenza di malattie genetiche. L’amniocentesi, inoltre, è suggerita se la donna ha un’età superiore a 35 anni e non si sia sottoposta a test nel primo trimestre, o qualora l’ecografia evidenzi un sospetto in riferimento a patologie genetiche. Per quanto concerne i costi dell’amniocentesi occorre precisare come questa tecnica diagnostica, in riferimento alle donne con un’età superiore ai 35 anni, rientri fra quelle offerte gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale.
I rischi connessi all’amniocentesi
Per le modalità con le quali viene eseguita, questa procedura rientra tra quelle considerate come “invasive”. L’implementazione delle tecniche e lo sviluppo della ricerca scientifica, però, hanno consentito nel corso del tempo di ridurre notevolmente i rischi connessi all’amniocentesi. Attualmente si stima che il rischio di aborto spontaneo in seguito all’esecuzione di tale tecnica sia pari all’1%. Tra le complicanze, molto rare, possono rientrare anche lesioni di organi interni, infezioni (un caso su 1.000) e sensibilizzazione del sangue materno rispetto a quello del feto.
I test prenatali non invasivi
Nonostante i rischi connessi a questa tecnica siano notevolmente bassi, va comunque rilevato che questi non possano essere esclusi a priori. Per queste ragioni nel corso del tempo la ricerca medica e scientifica ha puntato sullo sviluppo di test prenatali non invasivi (Nipt) in grado di giungere a risultati di rilievo senza le problematiche che emergono in riferimento all’amniocentesi. I Nipt, da questo punto di vista, hanno un carattere di specificità pari al 99%.
La nostra esperienza per la vostra sicurezza
IVI è sempre al fianco della coppia per garantire la maggiore sicurezza e tutela possibile durante una gravidanza. Da questo punto di vista i nostri ricercatori, per una diagnostica approfondita durante la gestazione, hanno implementato una tecnica come la Neo24, un test prenatale non invasivo realizzato sul sangue materno e sicuro al 100% sia per la madre sia per il bambino. Questo screening consente di esaminare i cromosomi del feto a partire dalla decima settimana di gestazione e rilevare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche. Una modalità che vi consentirà di portare avanti serenamente la gravidanza senza alcun timore.
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