In occasione della Giornata Mondiale della salute materna la clinica internazionale IVI mette in evidenza limiti e tabù legati ad ansia e depressione post-partum, di cui secondo l’OMS soffre 1 donna su 5. Ecco i principali sintomi da tenere sotto controllo e i suggerimenti per affrontarli: uno su tutti saper chiedere aiuto a chi ci sta intorno. Perché aiutare una madre vuol dire aiutare anche un bambino
Diventare genitori è un percorso importante, una strada costellata da desideri, aspettative, timori, investimenti emotivi sia individuali che familiari.
I mesi della gestazione fino al parto possono essere accompagnati da stress e tensione emotiva. Purtroppo spesso si crede allo stereotipo che vede la gravidanza e il puerperio come un periodo idilliaco e sereno, ma la verità non è sempre così: secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), quasi 1 donna su 5 sperimenta depressione o ansia durante la gravidanza o, più spesso, nell’anno successivo al parto e circa il 20% di queste arriva ad avere pensieri suicidi o a compiere atti di autolesionismo. Ignorare la salute mentale non solo mette a rischio la salute e il benessere generale delle donne, ma ha anche un impatto sullo sviluppo fisico ed emotivo dei bambini.
Durante la gravidanza si vivono momenti di forte cambiamento che potrebbero anche avere zone d’ombra, le trasformazioni che intervengono in questo periodo sono accompagnate da una mobilitazione psichica molto impegnativa che coinvolge sia l’aspetto fisico e fisiologico, sia quello psicodinamico e relazionale. In base al proprio vissuto in questo periodo possono emergere emozioni positive come gioia e speranza o emozioni negative con ansia e tristezza. Nonostante la depressione sia una delle più comuni complicanze della gravidanza, accentuata ancora di più negli ultimi anni a causa della pandemia, ci sono ancora tanti tabù e le donne, provando vergogna, evitano di esprimere il loro disagio. Donne di ogni cultura, età, reddito ed etnia possono sviluppare disturbi dell’umore nel periodo perinatale. I sintomi possono comparire in qualsiasi momento durante la gravidanza e i primi 12 mesi dopo il parto. La costruzione della consapevolezza mira a rendersi conto della difficoltà e della possibilità di essere aiutate ad uscirne anche con l’aiuto di professionisti qualificati e competenti che si occupano di salute mentale perinatale.
Cogliere i segnali di questo malessere non è facile, anche perché le donne scontano ancora un forte condizionamento culturale. Alcuni cambiamenti che avvengono normalmente durante e dopo la gravidanza possono provocare sintomi simili a quelli della depressione ma, se si soffre per più di due settimane di alcuni di questi, sarebbe meglio rivolgersi al medico. I sintomi principali da tenere sotto controllo? Irrequietezza o malumore, tristezza o senso di oppressione, pianto frequente, mancanza di energie o di motivazione, disturbi alimentari, sonno scarso o eccessivo, problemi decisionali o di concentrazione, problemi di memoria, svalutazione di sé e senso di colpa, isolamento dagli amici e dai famigliari, ansia, irritabilità, agorafobia (difficoltà ad uscire di casa ed esporsi in situazioni sociali), tendenze ossessive-compulsive (come lavarsi ripetutamente le mani).
La depressione può far aumentare i rischi di problemi durante la gravidanza o il parto, basso peso alla nascita, parto prematuro. Se non curata con efficacia, può avere conseguenze dannose sulla capacità di essere genitori, ma – secondo alcune ricerche – anche sul bambino, che potrebbe manifestare ritardi nello sviluppo del linguaggio, problemi nell’attaccamento madre-figlio, problemi comportamentali come la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, pianto ripetuto e frequente.
“Consigli? Riposarsi il più possibile, possibilmente dormire quando il bambino dorme. Non cercare di fare troppo o di essere perfette. Chiedere aiuto al partner, alla famiglia e agli amici. Ritagliarsi dei momenti per se stessi, per uscire con gli amici o stare con il partner. La figura del neo papà diventa chiave, nell’affrontare la nuova routine e il nuovo equilibrio di coppia genitoriale. Fondamentale parlare apertamente delle proprie sensazioni, chiedere al medico se esistono gruppi e associazioni di aiuto in zona. Non vergognarsi di rivolgersi ad un professionista: è una decisione che può cambiare la propria vita e quella del bambino. Il professionista valuterà quindi in che maniera intervenire. Solitamente le terapie per la depressione sono due: la psicoterapia, che si basa su dei colloqui con un terapeuta esperto e la terapia farmacologica, in cui il medico decide di intervenire con dei farmaci antidepressivi e ansiolitici.
“L’attenzione per l’aspetto psicologico non riguarda soltanto donne in gravidanza, ma anche, seppur con diverse prospettive e sfumature, le donne e le coppie con problemi di infertilità – aggiunge la dottoressa Daniela Galliano, ginecologa e responsabile del Centro PMA di IVI Roma – Per questa ragione IVI ha organizzato all’interno dei propri centri un supporto psicologico per assistere i propri pazienti. Lo scopo è di fornire un aiuto per le implicazioni psicologiche generate da problemi di infertilità e di un ridurre al minimo l’impatto dello stress nel percorso che porta ad un trattamento di fecondazione assistita. Sembrerebbe dimostrato che il prendersi cura di se stesse e delle proprie emozioni aumenti la possibilità di successo dei trattamenti di PMA consentendo una migliore gestione dell’ansia e dei pensieri negativi. In generale, sia davanti ad una gravidanza naturale sia davanti ad una ottenuta con fecondazione assistita, sono fondamentali le attente rilevazioni del rischio, attraverso screening multidimensionali nel periodo perinatale, per permettere di attivare interventi preventivi tempestivi, progetti e strategie di riduzione della sofferenza e dello stress, focalizzandosi sui fattori di rischio modificabili e accompagnando i nuclei familiari durante la gravidanza e nel dopo parto. In Italia, però, le procedure di screening standardizzate offerte dai servizi pubblici sono ancora una realtà sporadica e più che altro legate alla lungimiranza di singole realtà sanitarie locali.”
“Nella nostra cultura la gravidanza, il parto e la maternità sono solitamente associati ad emozioni positive, ma l’arrivo di un figlio incontra peculiarità personali, particolari relazioni di coppia, specifici contesti sociali e culturali che danno a ciascuna gravidanza valenze e significati differenti, sollecitati anche da fattori di stress interni e/o esterni: – afferma la Dottoressa Vincenza Zimbardi (Psicologa e psicoterapeuta presso IVI Roma)– una storia di sterilità, precedenti aborti spontanei o volontari, eventuali ripetute minacce di aborto o di parto prematuro, la presenza di relazioni interpersonali problematiche, l’esistenza di conflittualità coniugali o parentali possono segnare in maniera importante l’equilibrio emotivo della futura mamma.”
La mancanza di conoscenze sulla depressione post partum e l’accettazione acritica di alcuni miti sulla maternità possono essere un ostacolo significativo tanto da rendere talune mamme, e chi le circonda, incapaci di riconoscere i segnali e i sintomi che caratterizzano questa condizione. Le aspettative, spesso idealizzate, si scontrano inevitabilmente con l’impegno concreto legato alle continue richieste di cura provenienti dal nuovo nato, con i necessari cambiamenti delle abitudini coniugali e con la significativa riduzione dei rapporti sociali.
Per tutte queste ragioni molte donne sono riluttanti a cercare un aiuto professionale per paura di essere considerate persone deboli e fragili o ingratamente insoddisfatte. Malgrado alcuni aspetti comuni, il comportamento delle madri depresse appare molto eterogeneo: è indispensabile dunque tener conto dell’estrema complessità della sintomatologia depressiva, considerando tutte le variabili di rischio o di protezione, in grado di aggravarne o mitigarne il quadro. I padri possono rappresentare un fattore protettivo determinante se sono disponibili a livello emotivo, propositivi e altamente supportivi, mentre al contrario è stata rilevata una significativa correlazione tra assenza del sostegno maritale e grado di depressione. La disponibilità delle famiglie di origine e degli amici a offrire aiuto alle mamme -anche prendendosi cura della casa e dei bambini- costituisce un elemento protettivo fondamentale È necessario dunque parlarne per poter creare o ritornare con nuovi modelli ad una cultura del supporto materno, riconoscere i segnali di rischio ed approntare interventi precoci che puntino a sostenere le «buone» capacità materne.