La procreazione medicalmente assistita si articola in una serie di step finalizzati a realizzare una gravidanza e, in seguito, ad ottenere una nascita. Fra queste fasi, una delle più importanti è rappresentata dall’embryo transfer, ossia dal trasferimento embrionale ottenuto attraverso le tecniche di fecondazione in vitro all’interno dell’utero della futura mamma. Generalmente questo step viene effettuato in un range temporale che va da 48 a 72 ore dalla fecondazione, quando l’embrione è ad uno stadio ancora “primordiale” ed è composto da 4-8 cellule. Tuttavia è sempre più frequente realizzare questa procedura spostandola nel tempo di qualche giorno, in particolare nel momento in cui l’embrione abbia raggiunto lo stadio di blastocisti. In genere, questa ultima ipotesi viene proposta a quelle coppie che hanno già effettuato, senza successo, diverse procedure di ICSI o FIVET con un trasferimento embrionale durante la seconda o la terza giornata. Questa scelta, infatti, consente di adattare i tempi della fecondazione in vitro a quelli del concepimento per via naturale, aumentando di conseguenza le percentuali di successo.
Come si svolge l’embryo transfer
Il trasferimento embrionale è una tecnica molto semplice, che viene eseguita a livello ambulatoriale ed è assolutamente indolore per la paziente. Uno o più embrioni, da questo punto di vista, dopo essere stati immessi in un liquido di coltura vengono aspirati con un piccolo catetere che in seguito viene inserito nel collo dell’utero. In questa maniera il medico procederà a rilasciare gli embrioni nella cavità uterina. Questa procedura è poi accompagnata dalla prescrizione di un dosaggio ormonale di progesterone ai fini di agevolare l’impianto dell’embrione.
Dall’embrione alle blastocisti
Il processo di fecondazione di un ovocita con uno spermatozoo conduce alla formazione del cosiddetto zigote, ossia una cellula costituita da un patrimonio genetico che è il risultato della fusione di quello maschile e di quello femminile. Lo zigote segue un processo di sviluppo ben preciso per effetto di un iter di divisione cellulare: prima si ottiene un embrione e in seguito, con il progredire delle suddette divisioni, si dà luogo a un embrione “più grande” detto blastocisti. Il passaggio da embrione a blastocisti prevede una fase intermedia nel quale il primo assume il nome di morula. In particolare, all’interno dell’utero fra la quinta e la sesta giornata successiva alla fecondazione l’embrione si dota di una cavità liquida, detta blastocele e si espande fino a fuoriuscire dal guscio del quale era dotato. Nell’ambito di un processo di fecondazione assistita è possibile realizzare un trasferimento embrionale sia quando il risultato della PMA è ad uno stato di embrione, sia quando questo è ad una fase più avanzata di blastocisti.
Gli step del processo di fecondazione assistita
Dopo la fecondazione in vitro si dà avvio ad un processo di monitoraggio relativo alla crescita dello zigote. In particolare, dopo circa un giorno si verifica una divisione a due cellule, mentre nell’arco di 36-50 ore questo processo raggiunge le 4 cellule. Dopo 5 o 6 giorni, questo processo si evolve in maniera rapidissima e viene raggiunto lo stadio di blastocisti in cui sono presenti circa 200 cellule. Da questo momento è possibile osservare un processo di specializzazione per effetto del quale è possibile distinguere due tipi diversi di cellule: quelle del trofoblasto dalle quali avranno origine la placenta e i villi coriali e quelle della massa interna che saranno all’origine dello sviluppo del feto.
Come si decide il transferimento embrionale
La decisione in merito al trasferimento embrionale segue degli step precisi ed in particolare è successiva ad un’accurata valutazione della qualità dell’embrione durante la fase di coltura. Da questo punto di vista, realizzare la coltura di questi per una durata di cinque giorni, fino allo stadio di blastocisti, consente di selezionare in maniera più adeguata quelli embrioni che hanno maggiori capacità di attecchimento post trasferimento: in sostanza gli embrioni che hanno resistito più giorni a questo processo di selezione naturale in coltura, hanno statisticamente più possibilità di attecchire.
Inoltre, un trasferimento in questa fase riproduce quanto avviene normalmente durante un concepimento: l’annidamento dell’embrione, infatti, si verifica dal quinto-sesto giorno successivo alla fecondazione. Occorre precisare come in genere in una paziente giovane circa il 50% degli embrioni evolve a blastocisti e, qualora durante la coltura, esistano più blastocisti è comunque possibile selezionare le migliori per aumentare le chance di attecchimento. Secondo alcuni studi clinici, infatti, è stato evidenziato come nel caso di trasfer di due blastocisti di ottima qualità la percentuale di gravidanza raggiunge il 70%. In questo modo, pur riducendo il numero di embrioni da trasferire all’interno dell’utero materno, si continua a mantenere elevata la probabilità di ottenere una gravidanza, riducendo al contempo i rischi relati ad una gravidanza multipla. Procedere al transfer in questa fase, inoltre, ha un altro innegabile vantaggio: sarà possibile far ricorso alla diagnosi pre-impianto e, di conseguenza, procedere alla selezione di embrioni che non presentino mutazioni genetiche.
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