In Italia una coppia su cinque non riesce ad avere figli in maniera naturale. Una percentuale più che raddoppiata in pochissimo tempo: soltanto venti anni fa, infatti, appena il 10% delle coppie era colpita da sterilità. In questi casi la soluzione per realizzare il proprio sogno di genitorialità è far ricorso alla fecondazione artificiale. Una scelta che, recentemente, è abbracciata da moltissime famiglie come conferma la relazione trasmessa quest’anno dal Ministero della Salute al Parlamento in riferimento alla procreazione medicalmente assistita. Questo documento ha evidenziato come fra il 2015 e il 2016 si sia verificato un notevole incremento delle coppie che hanno fatto ricorso alla fecondazione assistita che sono passate da 74.292 a 77.522 e, di conseguenza, si è anche assistito ad un notevole aumento del numero di bambini nati (da 12.836 a 13.582) da coppie supportate da questo protocollo medico. In particolare, per risolvere i casi nei quali la sterilità colpisce uno dei due membri della coppia, è notevolmente incrementato il ricorso alla fecondazione eterologa: le tecniche che fanno ricorso alla donazione dei gameti, infatti, sono state protagoniste di una crescita del 121%.
La differenza fra sterilità ed infertilità
In questo contesto è opportuno effettuare una distinzione fra due concetti, quello di sterilità e quello di infertilità, che possono apparire coincidenti, ma che, invece, presentano tratti peculiari e importanti differenze. La sterilità viene considerata come l’incapacità di concepire che può colpire la coppia o, comunque, uno dei due partner. L’infertilità, invece, secondo la classificazione effettuata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è l’assenza involontaria del concepimento dopo almeno un anno di rapporti sessuali mirati e non protetti.
La definizione di fecondazione artificiale
Il Ministero della Salute ha provveduto a delineare i confini della fecondazione artificiale mediante apposite Linee Guida redatte nel 2015. Questo documento, in particolare, definisce nel complesso le tecniche di fecondazione assistita alla stregua di tutti quei procedimenti che prevedono il trattamento di ovociti, di spermatozoi o embrioni per realizzare un progetto finalizzato alla gravidanza. In questa definizione rientrano in particolare l’inseminazione, la fecondazione in vitro, il trasferimento embrionale, il trasferimento intratubarico dei gameti, la microiniezione intracitoplasmatica di spermatozoi (ICSI) e la crioconservazione dei gameti e degli embrioni.
Quando fare ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale
Le linee guida del Ministero della Sanità procedono a definire, inoltre, l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. In particolare, il ricorso alla fecondazione artificiale deve avere come presupposto l’accertata impossibilità di rimuovere in altri modi (ad esempio per via farmacologica) le cause che impediscono la procreazione. L’utilizzo di queste procedure, inoltre, deve rispettare due principi essenziali: quello della gradualità e quello del consenso informato. Il primo, che ha la funzione di tutelare la sfera fisica del paziente, prevede che il medico, dopo aver valutato elementi come l’età della coppia, le cause dell’infertilità e i rischi, debba scegliere il trattamento che risulti meno invasivo. Il consenso informato, invece, si fonda sulla necessità di fornire al paziente tutte le indicazioni necessarie per una conoscenza approfondita della tecnica che verrà utilizzata e delle implicazioni sanitarie e psicologiche che questa potrebbe comportare.
Le principali cause di sterilità
La sterilità può dipendere da uno o da entrambi i partner della coppia e, di conseguenza, prima di far ricorso alle tecniche di fecondazione assistita è necessario individuare le cause che fanno da ostacolo a un concepimento naturale e valutare se sussistano i presupposti per realizzare una gravidanza seguendo un percorso farmacologico o, eventualmente, attraverso un approccio chirurgico. In particolare, fra le principali cause di sterilità che possono essere associate alla donna è possibile annoverare le problematiche relative all’ovulazione, le disfunzioni tubariche, le anomalie dell’utero, i disturbi endocrini (ad esempio alla tiroide), mentre per quanto riguarda l’uomo fra le cause che con maggiore frequenza possono essere all’origine della sterilità rientrano le problematiche relative alla motilità e al numero di spermatozoi, il varicocele, le infezioni all’apparato genitale, la continua esposizione a radiazioni, il criptorchidismo, la presenza di malattie genetiche e l’adozione di uno stile di vita non corretto.
L’approccio che precede il ricorso alla fecondazione artificiale
Il primo passo per risolvere il problema della sterilità è sicuramente l’individuazione delle cause che la determinano. Una volta scoperte le ragioni che impediscono il concepimento il medico potrà consigliare alla coppia un approccio farmacologico adeguato, soprattutto nel caso in cui la mancata gravidanza sia da collegare a disfunzioni ormonali. Il medico potrebbe anche consigliare, in casi più importanti, di ricorrere ad un intervento chirurgico che consenta di risolvere il problema in particolare nel caso di problematiche relative alle tube o varicocele. Qualora questi approcci non consentano di ottenere i risultati sperati o non siano possibili la soluzione più adeguata è far ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Le analisi necessarie
L’individuazione delle cause della sterilità è il presupposto essenziale per determinare un corretto intervento. Da questo punto di vista, prima di procedere alla fecondazione artificiale, è opportuno eseguire delle analisi “mirate” come il test per valutare il livello di ormoni sessuali nel sangue per la donna e lo spermiogramma per l’uomo. Il primo esame, infatti, consente di valutare l’eventuale presenza di problematiche ormonali, mentre il secondo permette di verificare il numero, la morfologia e la motilità degli spermatozoi. Oltre a questi test, qualora non sia stato possibile risalire alla causa della sterilità, è possibile fare ricorso anche ad esami come l’ecografia, il tampone vaginale, il pap test e la spermiocoltura che consente di valutare la presenza di un’infezione negli organi genitali maschili.
Il medico, inoltre, può anche prescrivere analisi più approfondite dirette a valutare lo stato di utero e tube come la isterosalpingografia, l’ecoisterosonografia e l’isteroscopia o appositi test per accertare la vitalità e la frammentazione del Dna degli spermatozoi. Un presupposto molto importante, da questo punto di vista, è che gli esami prescritti dal medico vengano effettuati in un lasso di tempo molto breve. La tempestività, infatti, è una delle chiavi principali per consentire un adeguato intervento e per rafforzare le percentuali di successo della fecondazione artificiale.
Il ricorso alla fecondazione artificiale
Come abbiamo avuto modo di precisare in precedenza, il ricorso alle tecniche di fecondazione artificiale è indicato soprattutto in quei casi in cui i partner non riescano ad ottenere un concepimento spontaneo o se questo risulti estremamente remoto e qualora un intervento chirurgico o un approccio farmacologico siano inadeguati o non abbiano prodotto effetti. L’Istituto Superiore di Sanità ha individuato degli elementi che consentono di accomunare tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Le procedure di fecondazione assistita, infatti, sono accomunate dall’ottimizzazione della produzione di ovociti, dall’ottimizzazione della qualità degli spermatozoi e dalla creazione delle condizioni migliori per consentire l’incontro dei gameti maschili e femminili sia in vivo, cioè all’interno del corpo femminile, sia in vitro, cioè all’esterno.
I livelli delle tecniche di fecondazione assistita
Le tecniche di fecondazione artificiale possono essere classificate e distinte, sulla base della rispettiva complessità, in tre diversi livelli. Nel primo livello rientrano le procedure di Pma meno complesse come l’inseminazione artificiale che consiste nella collocazione di un campione di sperma, precedentemente trattato in laboratorio, nell’utero della donna. Se le problematiche relative alla sterilità risultano più difficili da risolvere è necessario far ricorso a tecniche maggiormente complesse, definite di secondo livello, come la Fivet ossia la fertilizzazione in vitro con trasferimento di embrioni o la ICSI, che consente di iniettare in vitro un singolo spermatozoo direttamente nell’ovocita attraverso una microiniezione. Fra le tecniche di terzo livello rientrano, invece, il trasferimento nella tuba degli ovociti e degli spermatozoi (GIFT) e il trasferimento in tuba degli embrioni. Si tratta di interventi che richiedono l’anestesia totale della paziente e che si caratterizzano per un’elevata invasività e per queste ragioni molto in disuso.
IVI: una garanzia per la realizzazione del vostro sogno
IVI è la realtà più all’avanguardia nella risoluzione di problemi collegati alla sterilità e all’infertilità. Ogni anno oltre 5000 coppie provenienti da più 80 paesi si rivolgono ai nostri centri per coronare il proprio desiderio di genitorialità. Un successo giustificato da risultati che confermano il nostro primato: il 90% delle coppie che scelgono IVI per risolvere le proprie problematiche riescono a raggiungere l’obiettivo di diventare genitori. Un dato che si accompagna a un altro risultato da record: in questi anni le nostre cliniche hanno consentito di nascere a più di 160.000 bambini. Il livello di avanguardia dei nostri centri ha consentito di raggiungere un tasso di gravidanza dell’87% al terzo tentativo per la fecondazione in vitro e addirittura del 97% per l’ovodonazione. IVI è la soluzione più adeguata anche per quelle coppie che hanno una storia di tentativi falliti presso altri centri: il 50% dei pazienti con questo pregresso che si rivolge alle nostre cliniche riesce a realizzare il proprio sogno di genitorialità.
Non è più possibile commentare.