L’età della genitorialità si sta spostando sempre più avanti. Ci sono molti studi sull’influenza dell’età materna sulla salute del nascituro e sulle aspettative di una gravidanza serena, ma quanto incide in questo l’età del padre? Studi IVI, clinica specializzata in riproduzione assistita, analizzano l’importanza di questo fattore e lanciano un messaggio positivo per quelle pazienti che cercano una gravidanza e hanno un partner maschile di età “avanzata”
In una coppia di futuri genitori, durante un trattamento di fecondazione assistita, l’età paterna è importante quanto quella materna? Un padre più maturo può influire sul tipo di parto, sul sesso o sulla salute del neonato? Questi e altri interrogativi al centro dei due importanti studi portati avanti da IVI, la clinica internazionale specializzata in riproduzione assistita, “Paternal age does not affect obstetric and perinatal outcomes in IVF or ICSI cycles with autologous oocytes” e “Paternal age is significantly related with the type of delivery and the sex of the newborn in IVF or ICSI cycles with donated oocytes“, guidati dalla dott.ssa Ana Navarro, ricercatrice presso la Fondazione IVI, e supervisionato dal Dr. Nicolás Garrido, Direttore della Fondazione IVI.
Gli studi, presentati durante l’ultimo ESHRE di Milano, mirano a indagare se lo sperma di un adulto di età paterna avanzata influisce sulla salute ostetrica della donna durante la gravidanza, sul tipo di parto e sulla salute del neonato, e se sì, come si verifica questa influenza.
Il campione utilizzato per gli studi è uno dei più estesi per questa tipologia di ricerche: tra pazienti che hanno effettuato la ovodonazione e pazienti con i propri ovuli parliamo di 30.784 pazienti e 34.106 neonati, mentre l’età paterna presa in esame va dai 21 ai 54 anni.
“Abbiamo preso in considerazione una serie di indicatori di gravidanza e salute perinatale come il diabete gestazionale, l’ipertensione, il peso del bambino, il tipo di parto, la circonferenza della testa o l’ammissione in terapia intensiva dopo la nascita, e abbiamo concluso che l’età paterna non influisce sugli esiti ostetrici e perinatali nei trattamenti di riproduzione assistita con i propri ovociti. A questo punto, e nonostante diversi studi suggeriscano la soglia dei 40 anni per considerare l’età paterna come ‘avanzata’, riteniamo opportuno rivedere questo limite in base ai risultati attuali“, ha spiegato il dottor Mauro Cozzolino, Specialista in Medicina Della Riproduzione di IVI Roma.
Una buona notizia, dunque, per quelle donne che cercano una gravidanza tramite la PMA e hanno un partner maschile di età “avanzata”: se, infatti, l’età della donna incide significativamente sulla buona riuscita della terapia, questi studi hanno dimostrato che non vi è né un calo della qualità dello sperma né della fertilità maschile.
“Una delle ragioni di questa differenza tra uomini e donne è puramente biologica: negli uomini, la spermatogenesi avviene costantemente, ogni giorno e in ogni momento, e quindi vengono generate nuove cellule. Le donne, d’altra parte, hanno follicoli nelle ovaie da quando sono nel grembo materno, cioè sono con loro per tutta la vita. E, ovviamente, questo influenza le caratteristiche della fecondazione e tutto ciò che comporta in seguito, poiché gli spermatozoi non sono vecchi come le uova quando si tenta la fecondazione “, ha spiegato Daniela Galliano, Direttrice della Clinica PMA di Roma, Specialista in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione.
Questi studi, tuttavia, evidenziano, a parità di altre condizioni, un aumento del rischio di parto cesareo nella fascia di età più avanzata rispetto a quella più giovane e una maggiore probabilità di avere un parto maschile nel gruppo 30-40 rispetto al gruppo più giovane.
“Partendo dalla premessa che l’età paterna avanzata è intesa come un maschio di almeno 40 anni di età, sono gli eventuali problemi di salute spesso associati all’invecchiamento che portano a una qualità dello sperma non sempre ottimale e che possono determinare un rischio un po’ più elevato di malattia nel bambino, anche se questi sono molto rari. Per quanto riguarda la fertilità maschile – conclude il dottor Mauro Cozzolino – questo è ancora un campo alquanto sconosciuto in termini scientifici, motivo per cui in IVI, con questo in mente, continuiamo a fare ricerche su base giornaliera per affrontare le sfide che presenta“.