Il 74° congresso dell’American Society per Reproductive Medicine (ASRM), che quest’anno, per l’edizione 2018 è stato organizzato a Denver fra il 6 e il 10 ottobre, è stato l’occasione per tracciare i nuovi confini e individuare le nuove frontiere nell’ambito della riproduzione assistita. L’evento è il punto di riferimento a livello mondiale per gli specialisti di medicina riproduttiva e per la presentazione di progetti in grado di rivoluzionare questo settore. IVI, già vincitrice di sette premi dell’ASRM, è stata protagonista assoluta del congresso grazie a due studi in grado di aprire nuove prospettive nel contesto della medicina riproduttiva. La prima ricerca è finalizzata ad accertare l’importanza dell’ecografia 3d nella diagnosi dell’utero a T e, di conseguenza, potrà consentire un miglioramento delle prognosi riproduttiva qualora la donna soffra di questa malformazione. Il secondo studio analizza i possibili vantaggi di un trasferimento posticipato dell’embrione nelle donne obese ai fini di un aumento delle probabilità di gravidanza. Gli sviluppi di questi studi potranno essere rivoluzionari e creare nuove prospettive nell’ambito della riproduzione assistita. IVI, infatti, ha l’obiettivo di consentire a chiunque soffra di problemi di fertilità di realizzare il proprio desiderio di genitorialità.
L’ecografia tridimensionale
Nell’ultimo decennio l’ecografia 3d ha assunto un ruolo sempre più rilevante nell’ambito della ginecologia consentendo in particolare la possibilità di effettuare uno studio volumetrico delle strutture anatomiche. In particolare, fra i vantaggi riconosciuti dell’ecografia tridimensionale è possibile annoverare una valutazione più approfondita delle anomalie anatomiche complesse e un’analisi più approfondita della parte vascolare, sia dal punto di vista volumetrico, sia da quello quantitativo. Inoltre, come confermato da recentissimi studi condotti dall’Università di Padova, l’ecografia 3d nell’ambito dei programmi di riproduzione assistita, può essere uno strumento fondamentale per la valutazione di malformazioni uterine e di patologie intrauterine.
L’utero a T
L’utero a T è una patologia della formazione dell’utero che si caratterizza per la presenza di una cavità endometriale stretta e tubolare. Nella fase dell’embriogenesi, normalmente, quest’organo è diviso in due estremità che poi si uniscono e danno luogo alla cavità uterina. Qualora questa unione non si realizzi pienamente si forma il cosiddetto utero a T, che ha una conformazione morfologica tale da comportare notevoli difficoltà nel portare a termine una gravidanza anche per effetto di una maggiore presenza di dismenorrea e di fallimenti nell’impianto dell’embrione.
Lo studio di IVI
Il congresso dell’American Society for Reproductive Medicine è stato l’occasione per IVI di presentare uno studio che potrebbe rivoluzionare la prognosi riproduttiva nei casi di utero a T. La ricerca denominata “T-shaped uterine cavity morphology as assessed by three-dimensional ultrasound (3D US) may be associated with lower sustained implantation rates and higher clinical loss rates following frozen embryo transfer” si basa sull’utilizzo dell’ecografia 3d per la diagnosi di questo tipo di malformazione uterina. In particolare, l’impiego di questa tecnologia può consentire un miglioramento della prognosi riproduttiva delle pazienti che soffrono di questa patologia.
I vantaggi dell’ecografia 3d
Nell’ambito delle tecniche diagnostiche delle anomalie uterine l’ecografia 3d rappresenta una tecnica semplice, rapida, efficace e precisa. Una semplice ecografia bidimensionale, infatti, può permettere un’ottimale identificazione delle patologie acquisite (come polipi endometriali o fibromi uterini), ma non consente una rappresentazione globale della morfologia della cavità uterina. L’ecografia tridimensionale, d’altro canto, non solo facilita l’identificazione delle scansioni diagnostiche, ma consente anche di ottenere piani uterini coronali difficilmente ottenibili con un’ecografia bidimensionale: in questo modo è anche possibile valutare in maniera rapida e diretta la morfologia della cavità endometriale.
I dettagli dello studio sull’utilizzo dell’ecografia 3d per l’utero a T
Lo studio realizzato dai nostri ricercatori ha coinvolto un campione di 651 pazienti il giorno precedente all’impianto dell’embrione. A ogni paziente, prima dell’impianto, è stata “assegnata” una morfologia della cavità uterina ed è stato rilevato come in quelle con utero a T l’impianto avesse una minore percentuale di riuscita. Una diagnosi precoce di questa malformazione, mediante l’ecografia 3d, può consentire in futuro un importante miglioramento del potenziale riproduttivo grazie a un tempestivo intervento chirurgico diretto al rimodellamento chirurgico delle cavità endometriali.
Il trasferimento posticipato dell’embrione nel caso di obesità
Il secondo studio presentato dai nostri scienziati nell’ambito del 74° congresso ASRM riguarda la possibilità, nel caso di fecondazione assistita che coinvolge donne obese, di posticipare il trasferimento dell’embrione mediante la vitrificazione dello stesso. Secondo una recentissima ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 15% della popolazione femminile adulta soffre di obesità, una percentuale più che triplicata rispetto al 1975. Questa condizione, oltre a portare un aumento delle complicanze ostetriche e neonatali, può rappresentare anche un fattore di rischio per la trasmissione ai futuri neonati di malattie come la sindrome metabolica, malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e l’osteoporosi. Inoltre, si è rilevato come l’obesità possa comportare una riduzione delle probabilità di una gravidanza: i problemi di fertilità nelle donne obese, infatti, sono circa tre volte superiori statisticamente a quelli in donne con un peso nella norma.
Lo studio
I nostri ricercatori, guidati dal Dottor Kim JG e supervisionati dal professor Richard T. Scott CEO di IVIRMA Global, hanno presentato uno studio condotto su oltrew 1.200 pazienti denominato “ABC Trial: Appraisal of body content. Frozen embryo cycles are not impacted by the negative effects of obesity seen in fresh cycles”, che evidenzia l’opportunità di non trasferire l’embrione subito dopo la stimolazione ovarica, ma di posticiparne il transfert in un ciclo successivo, perché in questi casi l’effetti della stimolazione sull’endometrio potrebbero pregiudicare il risultato dei trattamenti di riproduzione a fresco.
La possibilità di posticipare l’impianto attraverso la vitrificazione
La possibilità di un trasferimento differito in grado di aumentare le probabilità di gravidanza e ridurre gli effetti negativi dell’obesità sul nascituro è garantita dalla vitrificazione degli embrioni. Il processo di vitrificazione, eseguito attraverso il congelamento ultrarapido nel nitrogeno liquido a -196ºC, da questo punto di vista, consente di ottenere gli stessi risultati che si otterrebbero con un transfer immediato, riducendo al tempo stesso i rischi correlati alla condizione di obesità. In questo modo il trasferimento successivo di un embrione vitrificato potrebbe ridurre gli effetti negativi dell’obesità rilevati nei cicli a fresco. In particolare, secondo uno studio prospettico, questo processo potrebbe consentire di elidere la correlazione fra le percentuali di impianto, le complicanze neonatali e gli indici di obesità e grasso corporeo. Inoltre, occorre rilevare come la procedura di vitrificazione non alteri la qualità degli embrioni, ma la mantenga inalterata fino al momento nel quale verrà realizzato l’impianto.
Le precauzioni da adottare prima del trasferimento dell’embrione
Una volta crioconservato l’embrione è opportuno che la paziente prima dell’impianto segua un piano di dimagrimento personalizzato realizzato da uno specialista della nutrizione e modifichi le proprie abitudini alimentari. Inoltre, anche l’esercizio fisico, se svolto con moderazione, può avere effetti positivi sul futuro trattamento di fecondazione assistita. In questo modo è possibile da un lato realizzare il transfert una volta che siano migliorate le condizioni di salute della paziente, dall’altro consentire che l’impianto possa avere maggiori possibilità di un esito positivo.
La storia di IVI: una garanzia per il vostro futuro
I due studi presentati nel corso del 74° congresso dell’American Society for Reproductive Medicine sono la dimostrazione come la nostra realtà non sia soltanto all’avanguardia nell’ambito clinico, ma rappresenti anche il punto di riferimento a livello mondiale nell’ambito della ricerca scientifica in materia di fecondazione assistita. Un impegno che nel 2016 ha consentito al Professor Carlos Simón, Direttore scientifico di IVI, di vincere il premio “Distinguished Researcher” conferito dall’ASRM a quelle personalità che negli ultimi dieci anni si sono distinte per i loro contributi eccezionali nell’ambito della ricerca scientifica applicata alla medicina riproduttiva. Gli studi e le ricerche condotte da IVI, inoltre, hanno ricevuto i premi più rappresentativi a livello internazionale come il riconoscimento conferito dalla Society for Gynecological Investigation e il premio Jaume I per la medicina clinica. Un’eccellenza clinica e scientifica confermata dai risultati ottenuti sul campo. Nove coppie su dieci, dopo essersi rivolte ai nostri specialisti, riescono a coronare il proprio sogno di genitorialità. In questi anni i nostri esperti hanno aiutato a nascere oltre 160.000 bambini. Nel 2017, grazie alla fusione con la statunitense RMANJ, IVI è diventato il più grande gruppo di riproduzione assistita al mondo con più di 65 cliniche in 11 paesi.
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